L’attività di Queneau localizza un duplice spazio d’attuazione di questa pulsione alla combinazione dei saperi: una direzione enciclopedica, attuata prevalentemente per canali esterni alla sua produzione letteraria[1]; una direzione pluristilistica delle sue opere letterarie, che trova compiuta espressione negli Exercices de style come combinatoria delle modalità d’espressione (di metodi di scrittura, quindi di saperi).
L’enciclopedismo di Queneau si concreta in precise operazioni editoriali: dal più volte ricordato progetto per una Encyclopédie des sciences inexactes, alla direzione per l’editore Mazenod dei tre grossi volumi in-folio Les écrivains célèbres; dall’inchiesta Pour une bibliothèque idéale, da lui organizzata e presentata in volume (Paris, Gallimard, 1956), dove i più noti scrittori e studiosi francesi erano invitati a proporre ognuno la propria scelta di titoli per una biblioteca ideale; alla prestigiosa direzione dell’Encyclopédie de la Pléiade, assunta nel 1954. Proprio quest’occasione lo spinge ad interrogarsi sull’intrico di casualità e vocazione in questo suo interesse ricorrente:
Se sono stato chiamato a dirigere l’Encyclopédie de la Pléiade, è stato proprio a seguito di «casi». Eppure, quando ci penso, un certo numero di incidenti o di fatti preliminari sembra dimostrare che questa idea enciclopedica mi sia sempre stata cara e che effettivamente avessi una vocazione enciclopedica senza che perciò avessi l’idea grottesca di dirigere effettivamente un’Enciclopedia.[2]
In Queneau la vocazione è quindi antecedente ad ogni sua concreta attuazione[3], ma è l’esigenza della realizzazione che lo spinge a raccogliere ed organizzare in discorso le sue idee, attitudini e conoscenze sulle dinamiche dell’unificazione e la sintesi dei saperi. In un saggio di presentazione dell’enciclopedia gallimardiana Queneau fissa dettagliatamente i principi metodologici della sua direzione, ripercorrendo inoltre la storia dei tentativi enciclopedici; particolarmente interessante è l’accento posto sulla necessità odierna di una trasversalità dei criteri di classificazione, che si vengono sempre più ad organizzare su un paradigma bidimensionale e reticolare [4], e sulla trattazione autonoma dei rapporti fra le diverse scienze:
Ce qui sera le plus difficile à traiter, ce sont les interférences entre les différentes sciences. Il faudrait une encyclopédie à deux dimensions au moins. Nous aurons un volume sur les rapports non habituels entre les differentes sciences.[5]
Ma il nucleo fondamentale del suo enciclopedismo è nel riconoscimento della progressiva matematizzazione delle scienze, fenomeno di cui auspica e prevede l’estensione alle scienze umane, poiché le matematiche rappresentano «la structure même de l’esprit humain»[6], e di conseguenza «è auspicabile che un’Estetica si fondi allo stesso livello della Logica, cioè fondi finalmente la sua validità»[7]. La centralità nel suo pensiero di questa discendenza matematica delle scienze umane trova del resto anche l’occasione di (almeno) una sua trasfigurazione narrativa: come riconosciuto da Calvino, nella Petite cosmogonie portative (1950), «il motivo più insistito del poema è […] il passaggio dai cristalli ai virus, da una moltiplicazione di forme geometriche a una moltiplicazione biomorfa»[8]; è peraltro significativo che l’elemento simboleggiante la forma astratta delle matematiche sia strutturalmente definibile come un reticolo cristallino: è la figura combinatoria del reticolo a poter essere trasfusa nel panorama biomorfo della letteratura, così come stilisticamente il poema costituisce un tentativo di annettere a dignità poetica il patrimonio lessicale delle scienze esatte.
L’enciclopedismo queneauiano si muove su principi tutt’altro che sconosciuti al nostro percorso attraverso i fenomeni combinatori: l’enciclopedismo macrocombinatorio verteva sulla possibilità di rintracciare i concetti primitivi sottostanti ad ogni sapere; nella concezione di Queneau è dunque il sapere matematico a sintetizzare in un ristretto numero chiuso di elementi e regole di combinazione la totalità dell’esperibile. Il fronte della conoscenza avanza solamente in ragione della progressiva riducibilità di tutte le scienze a questo nucleo primitivo e al contempo onnicomprensivo dell’insieme dei metodi matematici.
Nelle opere letterarie lo spazio della combinatoria dei saperi si indirizza invece verso l’incessante ricerca della compresenza di tutte le possibili modalità di espressione, sulla scorta di un’intensa influenza dell’esperienza di Joyce. Gli Exercices de style (1947) costituiscono solo l’episodio più stilizzato di una condotta espressiva già presente fin da Le chiendent, in cui Calvino ravvisa «un catalogo di generi di narrazione»[9]. Per gli esercizi di stile si potrebbe in realtà parlare di una combinatoria bloccata: dati due livelli principali del testo, fabula e discorso (la storia e lo stile), Queneau tiene fermo il primo e varia indefinitamente il secondo, invertendo il classico canone dell’autore che scrive storie differenti con un suo stile definito[10]. E’ lo stesso fenomeno enciclopedico del catalogo, dell’elenco che si apparenta così alla natura della combinatoria, di cui approfondisce lo sviluppo di una singola dimensione: la fuga dalla casualità si compie mediante l’esaustione delle possibilità di almeno un fattore tra tutti quelli che interagiscono. Così, in Loin de Rueil (1944, il titolo italiano Suburbio e fuga probabilmente è un’idea di Calvino), Queneau non organizza una compresenza orizzontale di personaggi con destini diversi: la serie dei destini possibili (sovrano, cowboy, inventore, Papa, musicista, postino, pugile…) è invece localizzata verticalmente nel sognatore irrefrenabile Jacques, in un’elencazione sistematica delle esistenze alternative percorse dalla sua fantasia. Questi destini sono, come gli stili narrativi negli exercices, equiprobabili; l’intento di Queneau non è quello della decisione fra le opzioni possibili, ma della creazione di uno spazio letterario della loro democratica compresenza. Lo stesso intento muove la combinatoria esponenziale dei Cent mille milliards de poèmes, che disegna un reticolo a 14 dimensioni per disporre i propri materiali, aprendo (almeno apparentemente) la propria equiprobabilità al potere decisionale del lettore.
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[1] Con l’eccezione del materiale approntato per l’Encyclopédie des sciences inexactes, che confluirà in Les Enfants du Limon (1938) come opera di uno dei personaggi.
[2] Come si diventa enciclopedista (1956), in Segni, cifre e lettere e altri saggi, op. cit., p. 296.
[3] Il percorso enciclopedista di Calvino si articolerà su un movimento opposto: dall’impresa affidatagli dalla Einaudi del riordinamento delle Fiabe italiane, Calvino trarrà una pulsione enciclopedica indotta, che integrerà definitivamente nel circuito delle sue motivazioni letterarie.
[4] Cfr. *Présentation de l’*Encyclopédie (1955), in Bords, op. cit., pp. 101-3.
[5] Pia, Mégret, Queneau: entretien sur l’Encyclopédie, in Bords, op. cit., p. 116. Naturalmente questa impostazione naviga in un flusso epistemologico che muove gran parte della cultura contemporanea, e che trova oggi il luogo privilegiato nella teoria dei sistemi: «L’intento di unificazione che anima gli studi in teoria dei sistemi si traduce, in primo luogo, nella ricerca delle connessioni possibili tra le diverse discipline» (Pierre Delattre, Teoria dei sistemi ed epistemologia, Torino, Einaudi, 1984, p. 4).
[6] *Présentation de l’*Encyclopédie, op. cit., p. 89.
[7] La matematica nella classificazione delle scienze (1935), op. cit., p. 311.
[8] I. Calvino, Piccola guida alla piccola cosmogonia (1981), in appendice a R. Queneau, Piccola cosmogonia portatile (Petite cosmogonie portative, Paris, Gallimard, 1950), trad. it. di Sergio Solmi, Torino, Einaudi, 1988, p. 166.
[9] I. Calvino, La filosofia di Raymond Queneau, op. cit., S 1413.
[10] Si potrebbe parlare di isofabulismo ricorsivo, seguendo il gioco queneauiano sugli isomorfismi: «Dato un testo, scriverne un altro utilizzando gli stessi fonemi (isovocalismo o isoconsonantismo o meglio: isofonetismo e isosinfonismo) o lo stesso schema grammaticale (isosintattismo)» (L’opificio di letteratura potenziale, op. cit., p. 69).