L’analogia che si coglie intuitivamente tra i giochi letterari basati su schemi matematici e quelli basati su una generica manipolazione di elementi linguistici deve trovare una giustificazione più tecnicamente dettagliata: dobbiamo infatti rendere conto della nostra propensione ad includere nell’ambito della combinatoria operazioni che ad un primo esame ne sembrerebbero estranee. In senso proprio l’operazione combinatoria consiste in una forza che mette insieme determinate cose secondo un certo criterio, proprietà riferibile solo ad un insieme ristretto di fenomeni. Esistono a nostro parere aggiustamenti teorici che possono allargare il suo campo d’azione fino a farlo coincidere interamente con quello della “poesia artificiosa” e delle proposte “potenziali” dell’Ou.Li.Po. E’ in quest’ultimo che Berge ritaglia l’esiguo sottoinsieme della letteratura combinatoria, rifacendosi all’accezione inaugurata da Le Lionnais:
Se si notomizzano le tendenze oplepiane con uno scalpello sufficientemente affilato, si vedono apparire tre correnti: la prima vocazione oplepiana è senza dubbio la «ricerca di nuove strutture, che gli scrittori potranno utilizzare a piacere»; il che significa il desiderio di sostituire alle restrizioni classiche del genere «sonetto» altre restrizioni linguistiche: alfabetiche (poesie senza e di G. Perec), fonetiche […], sintattiche […], numeriche […], e anche semantiche.
La seconda vocazione oplepiana, che apparentemente non ha alcun rapporto con la prima, è la ricerca di metodi di trasformazione automatica di testi; per esempio, il metodo S + 7 di J. Lescure.
La terza vocazione, infine, quella che ci interessa forse di più, è il trasferimento nel campo delle parole di concetti appartenenti alle diverse branche delle matematiche […]. La letteratura combinatoria si situa appunto in quest’ultima corrente.[1]
Ma è così ristretto il nostro campo? Analizziamo ad esempio il lipogramma (il più antico degli artifici linguistici, consistente nella semplice sistematica omissione di una lettera dell’alfabeto), riportato da Berge nella prima categoria: reinserirlo nella combinatoria presuppone che si dimostri esattamente cos’è che combina, se manipola effettivamente delle configurazioni di elementi sottoposte a restrizioni. Dato l’insieme finito A comprendente le lettere dell’alfabeto di una determinata lingua, la regola lipogrammatica rende valida ogni disposizione degli elementi di A (parola) che soddisfi due restrizioni:
1) Non includa un determinato elemento x di A (o più d’uno).
2) Sia lessicalmente corretta.
La prima è la restrizione caratteristica, che basta da sola a definire la peculiarità della regola, ma giova per una volta evidenziare anche la seconda, relativa alla correttezza linguistica dei prodotti, generalmente implicita (e così la considereremo, indicandone solo “in negativo” l’inadempienza), ma talvolta assente in alcuni procedimenti schiacciati dal rigore ascetico delle restrizioni caratteristiche.
L’esame di ammissibilità alla combinatoria verte per il lipogramma su due questioni: le sue restrizioni non combinano, non mettono insieme niente; l’operazione non prevede una struttura nota in cui definire i suoi limiti (il reticolo del quadrato latino, o il cassetto in cui sistemare gli oggetti di cui parla Berge), dimodoché la composizione lipogrammatica può estendersi indefinitamente. In realtà il lipogramma non combina elementi de motu proprio, ma il discorso cambia se lo si considera in serie ad altri agenti restrittivi esterni, già operanti nella macchina della produzione linguistica: esso inserisce un vincolo formale ad operazioni di combinazione svolte da altre forze, ovvero proprio da quelle restrizioni linguistiche che sembravano avere un ruolo di comprimarie; il lipogramma è regola negativa, d’inibizione, e può essere senza altri indugi classificata come regola parassita, poiché prende a prestito le regole combinatorie (quelle del lessico, che autorizzano un numero finito di disposizioni di lettere) e le strutture convenzionali (le parole) delle restrizioni linguistiche, senza definirne di proprie.
La combinatoria parassita può essere considerata alla stregua di quella autosufficiente in virtù dell’allargamento dell’ambito restrittivo alle modalità di produzione linguistica, che operano già secondo meccaniche combinatorie. Il caso del lipogramma può essere esteso a tutti gli altri procedimenti che non si riconoscono totalmente nei confini di quella che ormai potremmo chiamare la combinatoria ristretta. Nell’inesausta produzione di schemi e categorie tipologiche che ha da sempre affiancato l’utilizzo spontaneo di questi artifici, forse la nozione di «combinatoria parassita» può costituire, pur nel suo modesto valore sistematico, quell’“anello mancante” che mostri la loro unità sostanziale nell’estrema varietà di forme che li caratterizza.
Ancora in riferimento alle distinzioni di Berge, troviamo lo stesso fenomeno nel metodo S + 7 di Lescure, un classico oulipiano (regola automatica, che cioè produce un solo risultato, e senza alcun ostacolo al suo conseguimento), citato come esempio della seconda categoria: si prende una poesia qualunque e si sostituisce ogni suo sostantivo con il settimo sostantivo successivo nell’ordine del vocabolario, ottenendo una nuova poesia dalle associazioni talvolta sorprendenti. Il metodo può essere inteso come mimesi “attualizzata” delle procedure tropiche (metafora, metonimia), in cui però la casualità produttiva viene a sostituirsi alla significatività, rendendo assurda l’operazione. Il tutto è comunque descrivibile nei termini di una combinatoria parassita estremamente complessa, in cui la regola utilizza e vincola diverse forze di combinazione preesistenti:
Il metodo agisce vincolando i risultati di queste operazioni combinatorie “già trovate” con complesse restrizioni sui loro elementi; non deve ingannare la sostanziale semplicità operativa del procedimento: se la combinatoria ristretta pone en plein air tutti i suoi ingranaggi meravigliando l’uditorio, in quella parassita le manifestazioni esteriori sono solo la punta di un iceberg che affonda il suo corpo nel mare ribollente delle minuscole operazioni di cui si sostanzia ogni produzione linguistica, implicitate proprio dal loro carattere quotidiano.
Ci fermiamo a questi due esempi di formazioni parassitarie, utili per mostrare la complessità dei meccanismi che le informano; analizzare nello stesso modo tutti gli altri procedimenti di questo genere è lavoro forse possibile, ma che aggiunge poco alla sostanza del fenomeno come l’abbiamo qui delineata. Più fruttuoso ci sembra invece evidenziare per accenni le virtualità combinatorie dei codici a cui si aggrappano questi artifici.
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[1] Claude Berge, Per un’analisi potenziale della letteratura combinatoria, op. cit., p. 51-52. La traduzione italiana di Ruggero Campagnoli italianizza anche la sigla OuLiPo in OpLePo (Opificio di Letteratura Potenziale).
[2] Dividere un insieme in base a proprietà che vengono associate a ciascun elemento è un’operazione di combinatoria bidimensionale, che ritaglia un insieme di risultati validi nel prodotto cartesiano tra due insiemi: nel nostro caso, è come disporre tutte le parole previste dal lessico sull’asse orizzontale, e l’insieme delle caratteristiche grammaticali [sostantivo; verbo; aggettivo…] su quello verticale: la regola è che ad ogni parola può venir associato un solo elemento di questo insieme grammaticale. Non garantisce un eccessivo divertimento, certo, ma vi supplisce con una decisiva utilità.