Il monaco catalano Ramon Lull (1235-1316) elabora e perfeziona nel corso degli anni quello che nelle sue intenzioni vorrebbe essere un infallibile strumento di dimostrazione delle verità teologiche, di uso universale perché «universale è la combinatoria matematica che articola il suo piano dell’espressione, e universale il sistema di idee comuni a tutte le genti che Lullo elabora sul piano del contenuto»[1].

La molteplicità di versioni della combinatoria lulliana sviluppa l’applicabilità di un nucleo teorico centrale su ogni campo della conoscenza, proponendosi come ars generalis ultima, strumento dell’unificazione delle scienze[2]. Così Paolo Rossi parafrasa il commento di Cornelio Agrippa incluso nell’edizione del 1598 di Strasburgo delle opere lulliane:

L’arte […] non ha nulla di «volgare», non ha a che fare con oggetti determinati e proprio per questo si presenta come la regina di tutte le arti, la guida facile e sicura a tutte le scienze e a tutte le dottrine. L’ars inventiva appare caratterizzata dalla generalità e dalla certezza; con il suo solo aiuto, indipendentemente da ogni altro sapere presupposto, gli uomini potranno giungere ad eliminare ogni possibilità di errore e a trovare «il sapere e la verità di ogni cosa conoscibile».[3]

Il metodo rintracciato per collegare i concetti fondamentali si pone in questo senso come una logica che presiede alla corretta articolazione di ogni possibile discorso, e così la interpreta non solo Agrippa, ma un’intera tradizione di studio che ne privilegia i caratteri logico-formali; effettivamente, l’automaticità che Lullo attribuisce ai risultati delle operazioni effettuabili con l’Arte conduce immancabilmente a questo genere d’interpretazioni, come ad esempio in Thorndike:

[It is a] logical machine which would constitute the same sort of labour-saving device in a scholastic disputation or mediaeval university as an adding machine in a modern bank or business office. By properly arranging categories and concepts, subjects and predicates in the first place, one could get the correct answer to such propositions as might be put.[4]

Ma nelle intenzioni lulliane l’astrazione del sistema formale è congiunta inestricabilmente nell’Arte con l’aspetto metafisico, che riguarda proprio gli «oggetti determinati» che Agrippa considerava estranei al metodo lulliano, gli enti e i concetti del mondo su cui Dio ha impresso i suoi segni; poiché sono questi ultimi gli elementi primari da cui Lullo parte, è evidente che la combinatoria non manipola simboli convenzionali, ma le sostanze stesse dell’universo. Così Lullo avverte a più riprese che questa «Ars est et Logica et Metafisica»[5], poiché se la metafisica considera le cose fuori dalla mente e la logica considera il loro essere mentale, l’Ars le considera sotto entrambi i punti di vista. Se la logica tratta delle seconde intenzioni, cioè dei nostri concetti delle cose, l’Ars si occupa solo delle prime intenzioni, ovvero della nostra immediata apprensione delle cose:

Adhuc logicus non potest invenire veram legem cum logica: generalis autem artista cum ista arte invenit […]. Et plus potest addiscere artista de hac arte uno mense quam logicus de logica uno anno.[6]

Vediamo dunque come agisce concretamente sui concetti questa peculiare commistione di astratto e concreto in cui consistono gli elementi manipolati dalla combinatoria lulliana, così come è più sinteticamente presentata nell’Ars brevis. Essa si avvale di un alfabeto di nove lettere, da B a K, e di quattro figure, di cui riproduciamo la prima:

principia

absoluta

principia

relativa

questiones subjecta virtutes vitia
B BonitasDifferentiaUtrum?DeusIustitiaAvaritia
C MagnitudoConcordantiaQuid?AngelusPrudentiaGula
D AeternitasContrarietasDe quo?CoelumFortitudoLuxuria
E PotestasPrincipiumQuare?HomoTemperantiaSuperbia
F SapientiaMediumQuantum?ImaginatioFidesAcidia
G VoluntasFinisQuale?SensitivaSpesInvidia
H VirtusMajoritasQuando?VegetativaCharitasIra
I VeritasAequalitasUbi?ElementativaPatientiaMendacium
K GloriaMinoritasQuomodo? Cum quo? InstrumentativaPietasInconstantia

In questa tabula generalis sono riassunti i contenuti assegnabili alle nove lettere divisi in sei insiemi, il primo dei quali, relativo alle nove Dignità Divine, è costituito da soggetti di predicazione, mentre gli altri sono predicati, funzione dalla quale talvolta Lullo stesso stabilisce deroghe. Senza addentrarci troppo nella farraginosa complessità delle regole lulliane, basti dire che con l’aiuto delle altre figure[7] vengono costituite serie di lettere (ad es. BFG) che corrispondono ad altrettante proposizioni a seconda del contenuto che si assegna alle lettere volta per volta. Così vengono prodotte tutte le combinazioni dei principia absoluta con gli altri insiemi “operativi”, in modo da poter giustificare gli assiomi così generati solo in base alla rispondenza o meno ai principi di combinazione esposti. Ma i conti non sembrano tornare, e ciò per i motivi individuati da Eco:

E qui emerge subito il primo limite dell’Ars: essa può generare combinazioni che la retta ragione deve respingere […], certamente non si può accettare una combinazione che affermi che l’avarizia è buona. L’artista, dice Lullo, deve conoscere ciò che è convertibile e ciò che non lo è. […] La sillogistica consentirebbe di dire «L’avarizia è differente dalla bontà, Dio è avaro, dunque Dio è differente dalla bontà», mentre per Lullo dalla combinatoria vanno tratte solo quelle formule le cui premesse e conclusioni corrispondono alla reale disposizione del cosmo.[8]

Non è una sorpresa: è un effetto diretto della funzione metafisica che Lullo tenta di combinare con quella logica, coesistenza che porta necessariamente alla contraddizione, vanificando i contenuti logici dell’operazione:

[Le combinazioni] non generano questioni inedite e non forniscono prove che non siano la riformulazione di argomentazioni già collaudate. Anzi, in linea di principio l’Ars permette di rispondere in 1680 modi diversi a una questione di cui già si conosce la risposta – e quindi l’Ars non è uno strumento logico ma uno strumento dialettico, un modo per individuare e rammemorare tutti i modi buoni per argomentare in favore di una tesi precostituita.[9]

E’ il sistema teologico ricevuto da Lullo a dare forma ai giudizi di valore espressi dalla sua combinatoria, non il suo sistema di regole, che altro non è che la traduzione di quelle verità preordinate in arbitrarie norme di inibizione delle potenzialità combinatorie dei suoi schemi. In realtà la tanto celebrata ars lulliana costituisce nei suoi esiti ultimi una negazione della combinatoria: ne evoca gli strumenti, coordinati per la prima volta in un meccanismo tanto maestoso, ma li utilizza come semplice superficie d’appoggio di elementi teologici per mostrare la superiore necessità di un sistema esterno di coordinazione degli stessi.

Lo scontro che di fatto Lullo organizza tra le potenzialità della combinatoria e quelle del sistema teologico acquista le dinamiche di un incontro truccato (verrebbe da dire “combinato”): il vincitore è fissato a priori, l’arbitrato parziale di Lullo flette a piacere le possibilità della combinatoria per uniformarle alla superiore necessità metafisica. Ma le differenze tra gli sfidanti non sono fondamentalmente qualitative, cioè relative al baratro epistemologico che li separa, ma soprattutto quantitative: il libero sviluppo della combinatoria può anche effettivamente produrre le verità di fede, ma «una combinatoria incontrollata produrrebbe i principi di qualsiasi teologia possibile, mentre i principi della fede e una cosmologia bene ordinata debbono contemperare l’incontinenza della combinatoria»[10].

Se Eco parla di «incontinenza» noi disponiamo di una nozione equivalente che illumina più diffusamente il carattere di anticombinatoria dell’ars magna lulliana, quella di «restrizione»: se i procedimenti della poesis artificiosa rivendicavano i diritti fondamentali di libertà nello svolgimento della combinatoria degli elementi linguistici (beninteso, libertà di autodeterminazione, di costruzione di regole proprie), in opposizione a sistemi di regole precostituiti, l’ars lulliana si schiera dalla parte di questi ultimi, in quanto sul piano della logica persegue un’identica regolamentazione alla combinatoria universale dei concetti, assumendo il sistema teologico come vero e proprio codice di restrizioni. Ma c’è di più: poiché l’ambizione di Lullo non è confinata sul puro piano della logica, ma sempre per mezzo della combinatoria si estende al tentativo di ordinamento delle scienze, alla manipolazione classificatoria degli universali, la cui realtà extramentale non mette in dubbio, il libero sviluppo della combinatoria è limitato anche semplicemente dal mondo stesso, ovvero da ciò che Lullo conosce come esistente: non viene concessa la possibilità di combinazioni degli elementi primi che non siano corrispondenti a ciò che effettivamente è stato creato (ad esempio animali fantastici). L’esistenza stessa è posta da Lullo come condizione restrittiva degli sviluppi della combinatoria.

Gli sviluppi extra-logici dell’ars sono più evidenti nella forma divulgativa adottata da Lullo dopo l’indifferenza che Bonifacio VIII manifestò verso i suoi progetti di propagazione missionaria attraverso le virtù dell’arte. La macchinosità formale dell’Ars magna si ridusse alla semplice esposizione figurata della Catena dell’Essere nella foresta di alberi descritta nell’Arbor Scientiae (1296): in luogo d’una combinatoria formale degli elementi primi, Lullo si sposta decisamente verso le possibilità di ordinamento enciclopedico del sapere implicite nella sua dottrina, introducendo una fortunata immagine che raffigura minuziosamente la struttura gerarchica dell’esistente. Così gli elementi primi (le nove dignità e le nove relazioni) costituiscono le radici dell’albero della scienza, che confluiscono nel caos primigenio del tronco, dal quale si dipartono sedici rami, considerabili come alberi a sé stanti, ciascuno dei quali si divide in sette parti (radici, tronco, branche, rami, foglie, fiori e frutti).

Più che considerare il contenuto dei sedici alberi, che sarebbe poco definire arbitrario (l’ultimo, l’arbor quaestionalis, contiene solo quattromila quesiti sugli altri quindici!), ci preme sottolineare l’evidente anticombinatorietà di questa versione dell’Arte ad usum delphini: dei diciotto principi generatori, una volta fusi nel tronco dell’arbor scientae, non se ne ha più traccia nelle ramificazioni superiori. Il principio che presiede alla struttura ad albero, per raffigurare una combinatoria, dovrebbe essere il seguente: si opera una combinazione tra due o più dei sedici elementi, ad es. 1-5, e su ogni prodotto così composto possono innestarsi per ogni livello successivo altre quindici ramificazioni (1-5-2, 1-5-3, 1-5-4…), fino al completo sviluppo della combinatoria, che lega così ogni livello al successivo come passaggio dal più semplice al più complesso. Ma l’arbor scientiae non fa nulla di tutto questo, solo otto alberi possono identificarsi con soggetti della tabula generalis combinatoria, e le ramificazioni successive dispiegano semplicemente un sapere di altra natura, come ad esempio l’arbor elementalis, che si suddivide subito nei quattro elementi (aria, acqua, fuoco, terra), e via via su per le foglie (gli accidenti), i fiori (strumenti, come la mano o l’occhio), i frutti (le cose individuali, come pietra, oro, mela, uccello). Nel complesso, quest’ultima concezione dell’ars lulliana rappresenta un sipario abbassato sulle sorti della combinatoria, la cui eccessiva complessità ne oscurerà i destini per almeno due secoli.

Indice
Il lullismo
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[1] id., p. 61.

[2] Cfr. ad esempio l’ottimo saggio di Frances Yates che descrive l’applicazione dei principi dell’Ars all’astronomia nel lulliano Tractatus novus de astronomia (Frances A. Yates, The art of Ramon Lull: An approach to it through Lull’s Theory of the elements (1954), in Lull and Bruno, v. I, London, Boston and Henley, Routledge & Kegan Paul, 1982, pp. 9-77).

[3] Paolo Rossi, op. cit., p. 66.

[4] Lynn Thorndike, History of Magic and Experimental Science, New York, 1934, v. II, p. 865.

[5] Introductoris artis demonstrativae, in Ramon Lull, Opera Omnia, Mainz, 1721-42, v. III, p. I.

[6] De logica, cap. CI di Ars Magna generalis ultima, in Ramon Lull, Opera…, Strasburgo, Zetzner, 1617, p. 538. E’ questa affermazione a calamitare principalmente l’interesse di Rossi nei confronti del valore mnemotecnico della combinatoria lulliana.

[7] L’ultima figura, costituita da tre ruote mobili concentriche ognuna divisa in nove settori corrispondenti alle lettere, avrà particolare fortuna. Eco ipotizza una sua derivazione dallo Sefer Yetsirah cabalistico, in cui «si parlava della combinatoria divina in termini di ruota, e ricordiamo che Lullo, vivendo nella penisola iberica, aveva certamente notizie della tradizione cabalistica» (U. Eco, La ricerca della lingua perfetta…, op. cit., p. 68). Thorndike invece propende per «some process of sub-conscious association with […] the use of a revolving wheel and tables of combinations of letters of the alphabet such as we have noted in the geomancies and modes of divination ascribed to Socrates, Pythagoras, and others pilosophers» (Lynn Thorndike, op. cit., v. II, p. 865).

[8] Umberto Eco, La ricerca della lingua perfetta…, op. cit., pp. 70-71.

[9] id. , p. 72.

[10] id. , p. 74.