Lorenzo Spallino ha scritto un articolo che vale più di una puntata di Report, come spesso gli accade.
Si parte da un fatto: l’appello di Scandalo Italiano (recante 1500 firme) affinché fossero resi pubblici i documenti di gara relativi alla realizzazione del portale Italia.it è stato respinto dalla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Respinto perché in Italia pare che la legge 241/90 sulla trasparenza amministrativa non contenga affatto il diritto di accesso dei cittadini ai documenti della pubblica amministrazione: deve sussistere “un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è richiesto l’accesso” (articolo 22, comma 1, lettera b, l. 241/1990; articolo 2 D.P.R. 184/2006).
Quindi non chiunque. Anzi, quasi nessuno. Eventualmente, un secondariato di gare pubbliche, al massimo. E il diritto al controllo da parte dei cittadini? Non esiste, e la commissione ci tiene anche a precisarlo:
La giuriprudenza maggioritaria e l’opinione ormai stabilizzata dalla stessa Commissione si sono consolidati nel senso che il diritto di accesso, riconosciuto dall’art.22 L.241/90 non configura una sorta di azione popolare diretta a consentire un generalizzato controllo dell’attività della Pubblica Amministrazione.
Il problema travalica insomma sia l’argomento della normativa sull’accessibilità (che contesto da anni insieme a Spallino e molti altri) che lo scandalo del portalone da 45 miliardi (di cui ho parlato in passato, anche in relazione alla sfortunata iniziativa di Ritalia).
In Italia, per legge, ai cittadini non è concesso il controllo dell’operato dei propri amministratori, tramite l’accesso agli atti pubblici.
Spallino scorre anche le normative internazionali sulla Freedom Of Information, ma non possiamo sempre sperare nella superiore attività civilizzatrice dell’Unione Europea che sovrascriva in un futuro più o meno prossimo le nostre aberrazioni.
Gilioli suggerisce al neonato Partito Democratico, come indice di buona volontà, lo scoperchiamento dell’affaire Italia.it.
Naturalmente, ad un perfettista come pare io sia, l’obiettivo di ottenere lumi su un singolo caso “nonostante” la legge sulla trasparenza appare miserrimo.
Io penso invece che l’adozione del Freedom Of Information Act, come diritto universale di accesso incondizionato dei cittadini alla documentazione pubblica (salvo segreti di stato o istruttori), sia del tutto evidentemente una pre-condizione obbligatoria della nuova stagione politico-istituzionale che Veltroni ritiene appena inaugurata.
A titolo squisitamente personale, aggiungo, considero la spinta fattiva per la sua adozione condizione necessaria (ma non sufficiente) per ottenere il mio voto alle prossime politiche.
Invito quindi chi è d’accordo a mobilitarsi per ottenere questo obiettivo quanto prima, con gli strumenti di pressione che abbiamo a disposizione.
Freedom Of Information NOW.
1. Francesco Romeo ha detto:
Questa mi sembra una battaglia da condividere e da fare in prima persona. Prima ci si conta o si parte subito a far qualcosa? quali sono codesti strumenti di pressione?
2. Andrea Martines ha detto:
La prima cosa da fare è parlarne, sui blog e fuori. Cercando di riaprire il dibattito.
Fino a intercettare e raccogliere voci qualificate sull’argomento, probabilmente ci sono singoli e gruppi che si battono da anni per questo obiettivo.
Lo scopo non è raggiungere forza sufficiente a proporre NOI il cambiamento della legge. Nessuna raccolta di firme funzionerebbe, come abbiamo visto nel caso di Scandalo Italiano.
Ma, poiché il FOIA sarebbe assolutamente coerente con la linea politica annunciata da Veltroni, si cerca di riuscire a farlo inserire dichiaratamente nell’agenda politica e nel programma di governo.
Meglio se si riesce a fare già in questa legislatura: sarebbe la migliore dimostrazione di una effettiva volontà di cambiamento, perché è una misura strutturale che introdurrebbe un rapporto del tutto nuovo tra lo stato e i cittadini. E che tra l’altro gli garantirebbe un’ulteriore fetta di consenso, forse decisiva.
3. Dario Salvelli ha detto:
Andrea: c’era un progetto RItalia, è scomparso? Si. Impegni di tutti, mancanza d’efficacia, spinte politiche? Non lo so. Ti segnalo un articolo proprio oggi di Zuccon su Corriere:
http://www.corriere.it/cronache/07_ottobre_18/rutelli_chiusura_portale_italia.shtml
Appoggio il tuo urlo riguardo l’accessibilità ed il FOW: oltre a diffondere cosa possiamo fare noi?
4. Andrea Martines ha detto:
@Dario
Ritalia è vittima della gestione del progetto come marketing fine a se stesso. Facilmente prevedibile, come avevo già segnalato dal giorno dopo.
Incredibile svarione nell’articolo di Zuccolini: “Lanciato nel marzo del ’94 dall’allora ministro Lucio Stanca”???
L’urlo è solo per il FOIA, non diluiamo l’impegno. Sulla legge Stanca c’ho sbattuto la testa tre anni e non ho alcuna voglia di tornarci sopra a breve, semmai quando esisteranno le condizioni.
Oltre a diffondere bisognerebbe:
1) trovare chi già se ne occupa, cercando di far fronte comune
2) cercare tutta la documentazione disponibile
3) predisporre strumenti di collaborazione e comunicazione in cui raccogliere il materiale e le idee (wiki e blog)
4) possibilmente predisporre un testo italiano su cui ragionare
5) attivare i canali disponibili con i soggetti politici di cui sopra
Peraltro io non sono un giurista e non ho competenze approfondite sull’argomento. Quindi non posso guidare il processo, spero piuttosto di fare da miccia, e semmai aiutare a raccogliere gli sforzi migliori.
Insomma, per me è maturo il contesto, e raggiungibile l’obiettivo. Per il resto, attendo idee vostre.
5. Samuele ha detto:
Come non condividere quanto hai scritto?
Vedo di buttare giù qualcosa…
6. Bruno ha detto:
E ma a quanto pare anche se uno aprisse un blog di protesta…
7. Pingback: ..:Atipico Pensare:.. » Scandalo Italiano
8. Roberto Galoppini ha detto:
A volte anche le associazioni culturali possono richiedere i bandi..certo, serve l’avvocato che prenda a cuore il problema, il tempo..per pochi forse, determinati senzaltro, ma sempre possibile, come dimostra l’Associazione Software Libero.
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